IL CALVARIO DI P. FRANCISCO CHIMOIO

di P. Camillo Campanella

Un episodio saliente della vita di Mons. Chimoio, riferito in una lettera di P. Camillo Campanella, pubblicata sul n.1 di Missionari Nostri del 1983, che si conclude con parole profetiche

Carissimi fratelli,

come già sapete, P. francisco Chimoio è mancato dalla missione per cinque mesi essendo stato in Italia per partecipare al Capitolo provinciale dei Frati Cappuccini di Puglia.

Ritornato in Mozambico alla fine di ottobre, ha ripreso subito la sua attività pastorale. Il 15 dicembre 1982 è partito da Quelimane per visitare e celebrare il Natale con le comunità cristiane della missione di Morrumbala e Derre.

Dal 16 al 20 ha fatto il giro della Comunità di Derre a 80 chilometri da Morrumbala.

Il 21, lasciato il jeep nella sua casa, è ripartito in bicicletta verso Morrumbala. Penso che già sapete che dal 16 agosto tutta la zona è stata invasa dai guerriglieri del Movimento della Resistenza Nazionale Mozambicana e la stessa antica missione, attualmente centro di formazione di alunni con la sua falegnameria dove lavorava P. Fortunato Simone, è stata bruciata. Le strade di accesso alla zona sono state minate, per cui P. Francisco ha tentato il viaggio con la bicicletta.

A pochi metri di distanza dall’antica missione, è stato sequestrato dai guerriglieri, mentre pranzava in casa di un anziano della Comunità. Lo hanno bendato e portato in una loro base. Fino al giorno 23 è stato ripetutamente malmenato, battuto a sangue e perfino minacciato di morte, sospettato di essere una spia del Governo.

Ha ancora sul corpo i segni della tortura: un occhio tumefatto, le ginocchia con cicatrici e le braccia con i segni delle corde ed una baionettata sulla natica. Per le botte prese, ha perduto molto sangue dal naso, dalla bocca e dalle orecchie. Il 23 parlavano di fucilazione. Fortuna per lui che, proprio in quel giorno, ritornava alla base il Comandante con due ostaggi francesi presi in una imboscata nella zona di Nzero. Siccome questi non parlavano il portoghese, il Comandante ha chiesto a P. Chimoio se parlava altre lingue oltre al portoghese. Saputo che parlava anche l’italiano, l’inglese ed il francese, si è convinto che era veramente un sacerdote (generalmente il livello d’istruzione dei Mozambicani era basso n.d.r.). Gli furono sospese le torture, e, sebbene ancora bendato, sedeva alla mensa del Comandante insieme ai due francesi.

Il 6 gennaio 1983, è stato rilasciato nella zona di Melpinha, con i suoi documenti e la bicicletta. Ormai libero, ha ripreso la via di Derre, fermandosi nella Comunità di Chivungure e Checha. I cristiani, a vederlo vivo, hanno pianto di gioia.

A Derre pensava di potersi cambiare, ma la casa era stata sfondata e tutto era stato portato via. Anche il jeep era scomparso. Ripartito con la sua bicicletta, il 7 è arrivato alla missione di Nicoadala, accolto con grande gioia dai Padri Vito e Ludovico e da Fra’ Dario, che lo hanno rifocillato e rivestito a nuovo.

L’8 finalmente faceva ritorno nella nostra casa di Quelimane: finiva così la sua “via crucis”. Quando l’ho visto ancora vivo, ho tremato di gioia, ho creduto che il cuore mi giocasse un brutto scherzo. La mia prima impressione nel rivederlo è stata di trovarmi davanti ad un cane bastonato e pestato a sangue.

Ringraziamo con tutto il cuore il Signore per il dono di questa presenza del nostro fratello mozambicano e chiediamo a Dio nostro Padre che recuperi interamente le sue forze per continuare a servire generosamente le Comunità Cristiane come ha fatto fino ad oggi.