VIAGGIO IN MOZAMBICO

di Bernardino Sgobba

Lo scopo del viaggio era quello di verificare l’andamento dei Progetti di OASI, per, eventualmente, migliorarli e intervenire opportunamente al fine di ottimizzare gli aiuti che OASI riceve dai benefattori e invia ai vari referenti.

Il programma iniziale ha subito alcune modifiche per difficoltà legate a situazioni contingenti. A Maputo, per esempio, non mi è stato possibile incontrare l’Arcivescovo mons. Chimoio, che era fuori sede in quel periodo e quindi non ho potuto visitare l’Orfanotrofio S. Roque.

In alcuni casi è stato necessario intervenire per cambiare la gestione degli aiuti, sollecitando i referenti ed i loro collaboratori ad una collaborazione più fattiva con OASI.

La Mensa Madre Clara delle Suore Francescane a Maputo, funziona regolarmente dal lunedì al venerdì. E’ ancora numerosa la presenza giornaliera di bambini, anziani indigenti, ciechi, ragazze madri. Oltre alla suora responsabile, ci sono due inservienti che preparano il cibo e dispensano alla mensa in due turni giornalieri per assicurare a tanta gente l’unico pasto della giornata. Il cibo è abbondante e di buona qualità. Ho visto un bimbo dimezzare la propria porzione conservandone una parte da portare a casa, anche alcuni anziani fanno lo stesso per provvedere a qualche familiare ammalato. Prima del pranzo la suora aiuta i piccolini a lavarsi le mani (se fanno da soli se le bagnano soltanto) e a sistemarsi per terra poiché sono troppo piccoli per stare seduti a tavola.

L’Istituto di Maputo è suddiviso in due zone, una in cui sono le novizie che ho solo salutato ed incontrato. Nella seconda zona  sono ospitate le ragazzine da 6 a 16 anni Come in tutti gli istituti gestiti da Suore Francescane, tutto funziona alla perfezione e la conduzione è gestita con grande impegno da parte delle suore; spesso giungono volontari che creano gruppi di lavoro, infatti c’era una coppia di giovani, uno spagnolo ed una portoghese che si fermeranno per tutto l’anno scolastico alternandosi per insegnare nella scuola, in tutte le ore della giornata e per tutta la settimana. Inoltre una ragazza dell’Isola di Madeira teneva lezioni sporadiche sia nell’Istituto che dai Salesiani

A Quelimane ho trovato la consueta e sollecita accoglienza delle Suore Francescane dell’Ospitalità del Collegio Livramento. Per due mesi mi sono dovuto confrontare con l’annoso problema della mancanza di acqua corrente, facendo la doccia con un secchiello, un disagio per me limitato al tempo della mia permanenza, ma un bel problema per un Collegio che ospita 106 bambine e ragazze di età compresa tra uno e venti anni. Mi sono adoperato per fornire un progetto dettagliato di due riserve d’acqua di differente capienza da installare nel giardino, che le Suore potrebbero, con i dovuti finanziamenti, mettere in esecuzione tramite un’impresa locale.

Con piacere ho incontrato Heitarina, la ragazza sostenuta da OASI per la borsa di studio, che ha terminato tutti gli esami universitari con esito positivo; in quei giorni stava preparando la sua tesi di laurea che dovrà discutere in ottobre e stava facendo uno stage presso un ufficio statale; il suo compito era stilare un contratto di appalto per la costruzione del nuovo ospedale di Quelimane. Confesso di essere orgoglioso, visti i risultati ottenuti, di aver segnalato anni fa ad OASI questa ragazza come aspirante borsista.

Nello stesso istituto ho conosciuto una ragazza di nome Milza che sta terminando gli studi superiori e vuole andare all’università. Durante la mia permanenza, l’ho sempre vista dedita agli studi senza trascurare le faccende domestiche, come d’altronde è di regola per tutte le ragazze che a turno si devono occupare della cucina, del refettorio, della pulizia delle loro stanze e  dei locali comuni, oltre che delle bambine più piccole.  E’ davvero molto bello notare l’ordine dell’Istituto che negli ultimi tempi ha raggiunto il numero considerevole di 106 ragazze.

E’ veramente un piacere aiutare queste suore il cui carisma è proprio l’ospitalità. Anni fa Padre Benito segnalò il caso di 5 ragazze che erano presso Casa Familia a Quelimane e che non potevano continuare a convivere con i maschi molto più grandi di loro. Ora sono perfettamente inserite nel contesto generale di tutto l’Istituto ed una di loro vorrebbe seguire un corso di infermiera.     

Ho visitato L’Aldeia da Paz (Villaggio della Pace), retto anche dalle Suore Francescane, che ospita circa un centinaio di bambini. La responsabile Suor Elisa mi ha fatto presente i gravi problemi della Casa, afflitta da sempre da infiltrazioni d’acqua piovana, sia dal tetto che dalle fondamenta. Tutta la struttura, costituita da un corpo centrale, da sei casette indipendenti, da una palestra coperta e dalle dipendenze di servizio, insiste in una zona bassa della città dove defluiscono le acque piovane e di scolo. L’Amministrazione di Quelimane sta provvedendo a bonificare la zona con opere di canalizzazione, ma lo scavo dei canali sta mettendo in pericolo la stabilità dei muri portanti del corpo di fabbrica posteriore all’Istituto, ed in particolare del muro di cinta già notevolmente inclinato e che sta quasi crollando. Ho sollecitato Suor Elisa a fare un reclamo presso il Comune onde porre  riparo al rischio di crolli.

Sono stato alla fine del mio viaggio anche a Inhambane, a 200 km da Maputo, dove ha sede l’Istituto S. Josè, delle suore Francescane che fruisce anche del sostegno di OASI. L’Istituto è un bell’esempio di efficienza e di operosità: ospita un centinaio di bambine e ragazze interne, la metà è pagante, il che permette di ospitarne cinquanta indigenti. Annessa all’Istituto è una bella scuola  comprensiva che va dalle elementari al liceo. Con l’aiuto di OASI e di altri benefattori, la direttrice Suor Palmira è riuscita a risolvere in modo efficace il problema dell’acqua, scavando un pozzo e sistemando una torre di distribuzione con una capace riserva. Ringraziando OASI, Suor Palmira mi ha offerto numerosi piccoli manufatti artigianali delle bambine, nella speranza che ancora tanti benefattori continuino a sostenere la loro educazione.  

La Cooperativa Promuovere l’Uomo promossa da Fra Antonio Triggiante, ha rinnovato da quest’anno l’équipe della dirigenza, ma ho notato gravi problemi di gestione, negli anni scorsi abbastanza contenuti. Nell’officina della Scuola di Arti e Mestieri mancano molti attrezzi e materiale. Lo stato di manutenzione delle macchine non è buono e a rischio di rottura. Questo ha reso per esempio molto difficoltoso poter costruire un pezzo del camion della cooperativa in avaria; l’alternativa era l’acquisto del pezzo a Maputo, con evidente dispendio di denaro e di tempo. Il nuovo personale dirigenziale non si è dimostrato all’altezza dei compiti affidatigli, facendo fare un uso improprio delle macchine per conto terzi anche fuori orario di lavoro o di sabato quando non c’è personale responsabile in officina. Mi sono premurato di riunire più volte le maestranze e i responsabili per far si che tali inconvenienti non si verifichino più.

Ero preoccupatissimo per l’arrivo dei pacchi che avevo inviato dall’Italia: durante tutta la mia permanenza ne è arrivato solo uno; dieci giorno dopo il mio rientro in Italia mi hanno comunicato, con mio grande sollievo dell’arrivo degli altri tre pacchi, contenevano materiale tecnico che ovviamente dovrò utilizzare quando potò andare di nuovo a lavorare nell’officina della scuola.  

Nella scuola dei Martiri di Inhassunge è quasi completa la recinzione, cosa molto importante per salvaguardare il terreno della scuola, altrimenti invaso da case abusive. Continua ad esserci un numero esorbitante di alunni per classe, il che è dovuto dal fatto che la Scuola sorge in un quartiere molto denso di popolazione, per cui rimane sempre più evidente la necessità di banchi scolastici. La Biblioteca, istituita da Giuseppe Gammarota, continua a funzionare ed è ormai un elemento insostituibile per il buon funzionamento della scuola. Sarebbe necessario spostare l’ingresso della biblioteca, che attualmente è sul muro di cinta, poiché risulta nascosto e poco visibile alla dirigenza ed al personale di guardia ed appetibile per eventuali furti. Ho notato mancanza di armadi, scaffali e materiale d’ufficio per la catalogazione, consegna o restituzione dei libri.  

La Mensa San Francesco funziona giornalmente assicurando un pasto giornaliero ad anziani bisognosi, vedove, handicappati, ragazzi di strada. Durante il mio soggiorno, sono stato coinvolto nell’accoglienza del Ministro dell’Azione Sociale e della donna. E’ stato un giorno di festa anche per gli utenti della mensa che hanno potuto gustare, oltre all’abituale pasto, una variante al solito menù, un’abbondante porzione di torta offerta dall’Acçao Social. Il Ministro ha espresso un caloroso encomio all’azione sociale esercitata dalla Mensa in favore dei più poveri della città.

Attigua alla Mensa c’è la Scuola Materna Santa Clara. Ho visto con piacere crescere il numero di bambini che la frequentano. Dopo il mio intervento tecnico, prestato in occasione del mio penultimo viaggio in Mozambico, è stato sollevato il livello del pavimento della scuola e della zona circostante di quasi un metro, così, è possibile utilizzarla anche nel periodo delle piogge. A causa della maggiore affluenza dei bimbi le aule stanno diventando ormai insufficienti.

Casa Famiglia, istituita da Fra Antonio Triggiante, ha visto dimezzare il numero dei bambini presenti a Quelimane; ora sono 25, da quando a gennaio, inizio dell’anno scolastico, altri 25, i più grandi, sono stati trasferiti a Boroma, nel distretto di Morrumbala, dove è sorta un’altra Casa Famiglia. Penso che la Casa di Quelimane potrebbe accogliere altri ragazzi bisognosi se solo Fra Antonio avesse più possibilità economiche. Spero sinceramente che ciò avvenga, per aiutare i ragazzi di strada prima che a Fra Anfonio venga in mente di utilizzare quella struttura in altro modo, magari affittandola.

I ragazzi trasferiti a Boroma frequentano la scuola locale fino alla VIII classe. Per dare seguito al Progetto Agricoltura, Fra Antonio ha chiesto e ottenuto dal Governo l’assegnazione in zona di svariati ettari di terra. I ragazzi, con l’aiuto di due agronomi, anch’essi provenienti da Casa Famiglia e diplomatisi quest’anno nella scuola professionale di Milange, stanno già coltivando colture orticole che alimentano la Mensa San Francesco e Casa Famiglia di Quelimane.  E’ in progetto la costruzione di una nuova Scuola Agraria, dove i ragazzi potranno avere uno sbocco professionale e un’istruzione superiore.

Il 27 luglio, con una simpatica cerimonia c’è stata la posa della prima pietra della Scuola Agraria di Boroma, intitolata “Frei Benito De Caro”, in onore di Padre Benito che nel Distretto di Morrumbala ha speso i suoi anni di Missione, dedicandosi soprattutto all’insegnamento e alla formazione dei giovani.

C’era tutta la popolazione di Boroma, le autorità del Distretto e molti rappresentanti della Cooperativa di Quelimane a cui il Progetto appartiene. Padre Leone Innamorato ha impartito la benedizione e ha espresso l’augurio che tutti coloro che lavoreranno alla realizzazione di questa opera possano dedicarvi il meglio delle proprie energie, senza spreco di tempo e di materiale.

Con l’Amministratore di Morrumbala Fra Antonio ha deposto la prima pietra nel solco tracciato da me e dai suoi collaboratori; quel giorno traspariva chiara la sua gioia nel vedere l’avvio di una nuova avventura, l’ennesima, nel processo di sviluppo della gente tra cui svolge il suo ministero; è l’avvio di un nuovo sogno che comincia a prendere corpo e che lui spera di poter realizzare entro gennaio 2014 per l’inizio del nuovo anno scolastico. Il mio compito in questo progetto è stato quello di stilare un progetto di costruzione, utilizzando anche una vecchia struttura coloniale, ormai in rovina, presente nella zona. La scuola sarà sicuramente molto utile anche per tutta la gioventù di Morrumbala, non solo per la frazione di Boroma, zona estesa a prevalente vocazione agricola. Per la costruzione e l’avvio di esercizio, occorreranno circa 40 mila euro.

Attigua alla scuola e alla vecchia casa coloniale, Padre Leone ha espresso il desiderio di far realizzare una piccola chiesa per la comunità cattolica. Mi sto interessando alla realizzazione del progetto di costruzione in modo che rispetti la forma secondo le ultime volontà del Concilio Ecumenico. La sua forma sarà esagonale oppure ottagonale  e, quasi al centro dell’assemblea, sarà posto l’altare; sarà costruita senza aggravio di costi rispetto a quelle tradizionali  di forma rettangolare.

Ho visitato le scuole nella foresta di Padre Leone Innamorato.

Fondamentale è l’aiuto dei benefattori che attraverso OASI contribuiscono a mantenere in vita le 43 scuole dando un contributo di 15 euro mensili per lo stipendio degli insegnanti. Padre Leone continua la sua vigile opera di evangelizzazione e di custode di questo progetto che consente l’insegnamento di base a 3.500 bambini disseminati in una vasta area nella foresta. Con la sua motoretta, malgrado i suoi anni non più verdi, P. Leone è sempre in giro a visitare le “sue” scuole e Comunità. Le scuole più vicine, più frequentate e più organizzate vengono prese in gestione  dalle amministrazioni locali e di ciò P. Leone ne va fiero, anziché rammaricarsene, e continua la sua opera andando ad aprirne altre in zone più impervie e lontane. Ha concluso la traduzione della Bibbia in lingua Lolò e ne attende con ansia la pubblicazione.

Prima di recarmi a Chinde ho chiesto in nome di OASI, al Vescovo della Diocesi di Quelimane, Mons. Hilario Da Cruz Massingue, di assumere la responsabilità della gestione dell’Orfanotrofio Mamà Madalena. Gli ho assicurato che OASI continuerà, nei limiti delle sue possibilità, a sostenere economicamente l’opera. Il Vescovo ha accettato di buon grado, proponendosi nella prossima visita del 23 settembre di fare una seria revisione della situazione. Ho prospettato anche la richiesta di inviare a Chinde una Congregazione religiosa di Suore che si prenda cura della formazione religiosa ed educativa dei bambini, con notevole vantaggio per tutta la Comunità locale; proprio a questo proposito mi diceva che la settimana precedente, due congregazioni avevano fatto richiesta di stabilirsi in Zambesia, per cui la nostra richiesta è stata provvidenziale, chissà che non si avveri!

Con il Vescovo ho discusso di altri problemi dell’orfanotrofio di Chinde:

- Gestione e manutenzione della nuova struttura, per cui si impegnerà;

- Gestione e finalità della vecchia struttura;

- Situazione della barca “Pazienza” (speronata e colata a picco da una barca più grande) e del suo processo che fortunatamente si è concluso per l’ottanta per cento a favore della barca Pazienza. Pertanto sarà il caso di far ricostruire una nuova barca per ripristinare il servizio di navigazione sul fiume Zambesi;

- Motopompa portata da me a Chinde per favorire la coltivazione di un orto per l’orfanotrofio. Preciso che la motopompa è nuova ed ancora oggi non è mai stata usata;

- Cercare di attivare l’agricoltura sui 30 ettari di proprietà dell’orfanotrofio;

- Cercare di utilizzare le due macchine da cucire, di cui una portata da me a Chinde e comperata da OASI ed un’altra trovata fra le cose di Mamà Maddalena;

- Accrescere l’allevamento del bestiame esistente. A tal proposito il Vescovo mi ha confidato che fino all’età di 9 anni guidava un gregge di capre.

La risposta del Vescovo lascia ben sperare, anche perché al suo arrivo a Chinde mi ha promesso di riunire la Commissione cercando di far eleggere come presidente il parroco pro tempore ed affidare ad ogni componente della Commissione un incarico ben preciso e regolamentato. Se i responsabili non saranno all’altezza dell’incarico, si regolerà di conseguenza.

Il viaggio per Chinde è stato complicato, come è nella natura di questo viaggio fino a quella sperduta isola nel delta dello Zambesi. Ho già raccontato in dettaglio questa avventura che all’andata ci ha costretti a rimanere nella barca arenati per via della bassa marea dalle sette di sera alle quattro di mattina,  in una delle innumerevoli tappe che permettono alla gente di spostarsi con le loro mercanzie per micro scambi commerciali, tra il porto di Marromeo e l’isola di Chinde. Mi accompagnava Padre Jaime, parroco di Chinde, che ha sede a Luabo (porto da cui ci siamo imbarcati).  

Arrivati a Chinde nel mattino inoltrato, stanchissimi, dopo aver fatto i saluti di rito alla gente del luogo, ho fatto una visita all’orfanotrofio: l’impressione sulla situazione sia della casa che dei bambini è stata pessima.  Abbiamo organizzato una riunione della Commissione nelle prime ore del pomeriggio. Durante i colloqui abbiamo discusso delle problematiche riscontrate e  abbiamo  comunicato la decisione che l’andamento dell’orfanotrofio sarà seguito dal Vescovo e che con il suo aiuto si sta cercando una congregazione religiosa che possa stabilirsi a Chinde, così come era in passato. Sentendo quest’ultima proposta, qualcuno della Commissione ha detto, anche se sottovoce: ”In tal caso noi non avremo più ragione di esistere….”

I bambini nell’Orfanotrofio sono attualmente 36, i più grandi, ormai maggiorenni, sono tornati dai parenti e molti indigenti sono in attesa di poter essere accolti. I bambini mancano di vestiario, di materiale igienico, di sussidi scolastici. La casa necessita di riparazioni nel tetto e nell’impianto elettrico e idraulico. I bambini, dopo la morte di Mamà Madalena, sono assistiti da Anina, una signora che è stata cresciuta da Madalena, trasferitasi a Luabo con la sua nuova famiglia, rimasta senza marito, è tornata a Chinde con i suoi tre figli per continuare l’opera della sua Mamà.

In conclusione la Comissao preposta alla gestione dell’Orfanotrofio non sta funzionando come dovrebbe, la casa e i bambini sembrano trascurati, nessun impulso è stato dato alle attività di auto sviluppo.  

A conclusione della riunione, invece di fermarmi qualche giorno come al solito, ho preferito rientrare immediatamente per riferire al Vescovo il più presto possibile le mie ultime impressioni sulla situazione. Anche il rientro è stato avventuroso sul tratto di strada da Luabo a Mopeia a causa delle piogge, il fango melmoso rendeva impraticabile il percorso.

A conclusione del colloquio, il vescovo, vedendomi commosso  e dispiaciuto delle pessime condizioni della situazione di Chinde, per dimostrarmi il suo impegno nel riorganizzare il tutto, si è alzato e mi ha abbracciato. Sono convinto che si impegnerà in tutto ciò con fede e con vigore poichè oltre ad essere un religioso, è stato anche un militare. Certo, per riorganizzare il tutto ci vorrà del tempo, ma dopo aver trascorso con lui, due anni fa, una settimana durante la sua visita pastorale a Chinde, nel vedere come opera, organizza e conduce i suoi impegni pastorali, sono certissimo del buon esito.

Bilancio

Quale il bilancio di questo viaggio? C’è un po’ l’amarezza di constatare che non tutto va bene come avevamo sperato, ma torno con la rinnovata convinzione che malgrado ciò il Paese va avanti, anche se lentamente. Il fatto che in città molti abbiano un cellulare (impensabile qualche anno fa), la dice lunga sulla voglia di comunicare, di accorciare i tempi, di inseguire un progresso che non si accorda con i ritmi africani. E’ un bene, è un male? Tutto sta nel difficile equilibrio che sarà impossibile raggiungere se non si percorrono le nuove strade del progresso, anche a rischio di grandi errori.

Si ingrandisce la forbice tra ricchi e poveri, manca la classe media che potrebbe dare stabilità, sicurezza, speranza alle nuove generazioni. La permanenza al potere dello stesso partito, la Frelimo, fin dagli Accordi di Pace di Roma del 1992, arroccata nei posti di potere, non è garanzia di democrazia: questo genera tensioni di cui si è avuta avvisaglia di recente In scontri armati nel distretto di Gorongosa.

L’aiuto capillare anche nei microprogetti, ricopre una sua funzione essenziale. L’ho ravvisato nei ringraziamenti che tutti hanno rivolto ad OASI e ai benefattori che attraverso OASI fanno giungere la loro offerta a sostegno di tante opere a cui si dedicano i Missionari e le Suore.

Sono convinto inoltre della necessità della nostra presenza, sia anche sporadica, e della presenza di volontari utile ad incentivare ed ottimizzare il lavoro di laici e religiosi che si impegnano nel loro lavoro, per incoraggiarli e spronarli a fare sempre meglio e di più. 

Riporto con me l’immagine viva e accogliente dell’Africa, dei suoi tramonti, delle strette di mano, del calore dei “benvindo” di tanta gente, dei sorrisi di tanti bambini, soprattutto della piccola Titia. La conobbi nel 2009 nel Collegio Livramento, parcheggiata dopo la separazione dei genitori, aveva due anni e si addormentava tra le mie braccia. L’ho ritrovata lungo la strada di Inhambane, nei suoi grandi occhi tutti i perché che attendono una risposta.

Dopo un po’ che sei in Italia non vedi l’ora di ritornare per continuare e dare seguito a tutto ciò che hai lasciato in sospeso.

Tutto questo e molto altro ti porti dentro e non sai come spiegarlo agli altri!