I RAGAZZI DI STRADA

di Giuseppe G.

Uno dei ricordi indelebili delle mie esperienze vissute in Mozambico, che porterò sempre con me, è costituito dagli incontri con i “ragazzi di strada”.

In questi anni ne ho conosciuto tanti, bambini ed adolescenti, rimasti soli nella vita senza riferimenti familiari, che vivono dormendo sui marciapiedi e sfamandosi di quel che trovano.

 

Quando li si incontra, gli si parla, cercando di capire le ragioni del loro triste vivere quotidiano nonostante la loro giovane età.

La maggior parte ti dicono che si trovano soli nella vita, per la perdita di entrambi i genitori e perché non hanno trovato riferimenti familiari in grado provvedere alle loro necessità; altri invece ti riferiscono che si trovano a vivere per strada in conseguenza dei cattivi rapporti familiari oppure perché in casa non avevano da mangiare   ed altri ancora senza alcun motivo.

Si cerca di aiutarli a cambiare loro il percorso di vita, ma farlo tante volte non è facile perché ti “lasciano la mano” proprio quando hai l’impressione di avere risolto loro un grande problema...

E’ quanto mi è successo, nell’ultima mia missione per OASI (ottobre e novembre scorsi), con Moises e Magumi, due ragazzini di 10  anni che dormivano a Quelimane per strada, riparandosi dalle intemperie atmosferiche sotto la tettoia esterna di un immobile, “la Piscina”, cibandosi di quel che trovavano o di quanto i passanti, impietositi, donavano loro.

Moises, nativo di Beira, ha perso entrambi i genitori ed era andato a vivere in casa di uno zio, che a suo dire,  lo maltrattava, riservando ogni attenzione solo ai suoi figli; questa è stata la motivazione della sua fuga che l’ha portato prima a vivere per strada a Beira e poi a Quelimane. Moises è un bambino dolcissimo e indifeso, il parlare con lui mi ha fatto tanta tenerezza, specie quando gli scappava qualche lacrima nel narrare la sua storia di vita. La sua condizione mi ha profondamente turbato.

Magumi, anch’egli di 10 anni, bambino sveglio e più maturo della sua età, era scappato di casa perché il patrigno lo picchiava.

Li ho portati entrambi in Casa Esperança, dove sono rimasti per alcuni giorni. Mi dicevano che erano felici della loro nuova sistemazione, dormivano in un letto, avevano tre pasti caldi al giorno, avrebbero potuto riprendere a studiare e la loro vita sembrava cambiata. Sono stato a salutarli il giorno della mia partenza da Quelimane e mi sembravano felici...

Due ore prima di prendere il volo da Maputo per il mio rientro in Italia, mi è giunta telefonicamente la notizia della loro fuga dalla Casa Speranza. Nei giorni successivi mi hanno riferito che non desideravano più vivere lì.

Questa purtroppo è una evenienza che si verifica abbastanza frequentemente nelle Case di Accoglienza, laddove ragazzi abituati a vivere per strada e senza regole mal si adattano ad uno stile di vivere diverso.

L’amarezza e la tristezza di questo evento mi accompagna ancora oggi, difficilmente riuscirò a dimenticare  Moises, Magumi ed i tanti ragazzi di strada che non sono riuscito ad aiutare fino in fondo.

La consapevolezza che la vita di questi figlioli possa cambiare con l’impegno continuo sul territorio di persone adulte, che evidentemente oggi ancora non c’è, è una circostanza che mi tiene in ansia e mi fa rammaricare per quanto di più avrei potuto fare e non ho fatto.

n.d.r.

La settimana scorsa abbiamo appreso la lieta notizia che Moises è rientrato in Casa Esperança; la notizia ci è stata confermata da Quelimane. Abbiamo ricevuto anche un foto del suo rientro.

Quanto a Magumi, pare sia andato in altra città, ci dicono Morrumbala … la nostra speranza è quella che sia andato a Borroma, nella casa di Fra Antonio, insieme ad altri due ragazzi (Josè a Joao) che frequentavano lo stesso gruppo.

Moises in Casa Esperança