Nord del Mozambico senza pace

Dal 2017 il nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, è sotto attacco di spietati gruppi jahidisti che hanno provocato più di 500 morti, distruzione di chiese, scuole, case, interi villaggi. Più di 600 mila persone sono fuggite abbandonando casa, lavoro, campi, lasciando dietro di sè desolazione e morte.

Il 18 dicembre il vescovo di Pemba Luis Fernando Lisboa è stato ricevuto dal papa che già da tempo segue da vicino la situazione di Cabo Delgado.

"Il Papa - riferisce monsignor Lisboa (nella foto) - ha elargito sei mila euro a sostegno dei seicentomila rifugiati dimostrando da Buon Pastore la sua vicinanza alla sofferenza del popolo.

Solo nella città di Pemba ci sono 150 mila rifugiati, altre migliaia sono sparsi nelle altre Provincie vicine. La Conferenza Episcopale del Mozambico e del Sudafrica hanno testimoniato la loro vicinanza. Anche il Santuario di Fatima ha promesso di devolvere la raccolta della settimana di Natale a sostegno della Diocesi di Pemba. Molte Caritas di molti Paesi del mondo, Spagna, Portogallo, Brasile hanno dimostrato  la loro vicinanza al popolo di Cabo Delgado.

Anche all'interno del Paese non sono mancati segni di solidarietà. Le famiglie della diocesi, dando prova di essere una Chiesa misericordiosa e ospitale, stanno accogliendo nelle loro case, una, due, anche tre famiglie dando un esempio di grande solidarietà e dimostrando che si può condividere anche il poco che si ha.

Per fornire un aiuto psicosociale, la Diocesi di Pemba, in collaborazione con organizzazioni delle Nazioni Unite insieme al Governo, sta tentando di soccorrere le vittime di questa guerra. Da cinque mesi circa due suore psicologhe hanno tenuto un corso preparatorio a circa quaranta persone, padri, religiose, laici per andare negli accampamenti dei rifugiati riunendoli in piccoli gruppi di circa dieci, quindici, venti persone, giovani, donne, uomini per un momento di ascolto delle loro storie. Ognuno raccontava come e perché era fuggito dal proprio villaggio; molti hanno raccontato di aver visto uccidere i propri familiari, altri di aver trovato i corpi dei propri fratelli carbonizzati, altri di aver perso la figlia rapita, altri di aver perso i genitori, altri di aver dovuto abbandonare gli anziani al villaggio perché non avrebbero potuto attraversare la foresta. Sono molte storie,  il popolo non può essere visto come un numero, ogni persona ha un volto, ha la sua  storia, il suo un dramma, i suoi traumi. E' un servizio molto importante che è stato apprezzato da molte organizzazioni, ma soprattutto dal popolo stesso che aspetta questi incontri per raccontare la sua storia e ascoltare quella degli altri, per esternare tutta la propria sofferenza. Questo lavoro ha dato un risultato straordinario, i casi più gravi sono affidati agli psicologi per un  accompagnamento più appropriato. E' un lavoro molto utile che ha fatto la chiesa e che è stato replicato da altre provincie.

Anche Gesù è stato un rifugiato, sarà impossibile celebrare la sua nascita senza pensare alle migliaia di bambini nei campi profughi che non hanno il necessario per vivere con dignità. Sarà un Natale più solidale, più fraterno. Ricordiamo che Gesù nasce tra i poveri e continua a essere un rifugiato e che noi possiamo approfittare della festa della sua nascita e lasciare che Egli prenda cura del nostro cuore e ci aiuti a mettere in pratica quello che ha predicato tutta la sua vita, l'amore per il prossimo."