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Progetto 52 - Case per anziani, vedove e handicappati

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Gli anziani e gli handicappati che vivono di elemosina per le strade di Quelimane, non hanno le risorse per ricostruire la propria capanna fatta di pali e fango che, a causa delle intemperie, dura appena due anni. Fra Antonio Triggiante cerca di ricostruire case di 25 m. q. secondo le più impellenti necessità. Una casa in mattoni € 2.000, in materiale locale € 300.

Dettagli

Case per anziani handicappati                                                         

Capanna o casa di mattoni,la casa è un bene primario per ogni individuo. In Mozambico,  quando la casa di un vecchio o di un portatore di handicap è in degrado o peggio sta per crollare, è impossibile che questi trovi le risorse economiche e fisiche per ricostruirela. Anche le travi per fare la struttura portante ,le pietre che saranno incastrate tra i pali per essere coperte di fango che il sole renderà duro come cemento, tutto ha un costo. Dove trovare queste risorse e l’energia necessaria per costruirsi una casa?

 Avvicinando alla Mensa S. Francesco i più poveri della città, ciechi, mutilati, vedove, fra Antonio Triggiante ha recepito questo bisogno e con l’aiuto della Cooperativa Ceramica (oggi Cooperativa Promuovere l’uomo) ha ripristinato la casa capanna di tanti poveri della città di Quelimane . Alcune capanne le ha costruite a Nicoadala,  a 20 km dalla città, dove un gruppo di vedove si è stabilito per coltivare un terreno della Cooperativa che servirà a fornire cibo per la Mensa S. Francesco.
Prog. 52 - visita alle Case per anziani, vedove e disabili (Villaggio Giovanni Paolo II) - 07/06/2014

Il Villaggio Giovanni Paolo II per anziani, mendicanti, vedove e disabili, formato da casette in materiale locale (pali e fango) è stato spostato dalla sua iniziale localizzazione interna, che presentava difficoltà di collegamento specie nei periodi delle piogge, su un suolo in prossimità della strada principale.

E’ stata costruita una casa in muratura formata da due stanze con servizi igienici. Attualmente  ospita una famiglia con 5 figli, un custode e alcuni anziani sempre assistiti  dalla Cooperativa. Gli ospiti provvedono anche alla coltivazione e custodia dei campi della Cooperativa in quella zona. E’ intenzione di fra Antonio di utilizzare questa struttura anche per attivare  un progetto di recupero per ragazzi di strada più grandi che hanno mostrato un serio impegno di recupero della propria vita e che hanno bisogno anche di un momento di isolamento e allontanamento dall’ambiente urbano. La disponibilità di terreni agricoli, l’insegnamento alla coltura orticola e la possibilità di concederli in uso può infatti offrire loro anche una valida possibilità di reinserimento sociale. L’assistenza sociale in favore di anziani, vedove e persone disabili è assicurata dalla Cooperativa sociale quotidianamente  e viene  effettuata per il tramite della Mensa dei Poveri di San Francesco.

Una casa per Giulietta - 26/03/2013

Una casa per Giulietta

Di Antonietta Sgobba

Andiamo a fare spese! Salgo sul camion della Cooperativa “Promuovere l’Uomo” insieme ad Abel (Segretario della Cooperativa fondata da Fra Antonio Triggiante), siamo diretti ad un mercato di materiale edile situato nel porticciolo del fiume Bonsinais a Quelimane, per comprare materiale per costruire la casa di Giulietta. Le barche sono in secco nell’alveo del fiume asciutto per via della bassa marea. C’è un gran fermento, sacchi di carbone proveniente dalle carbonaie della foresta, unico combustibile per l’80% della popolazione della città, fasci di legname e di giunchi di salgueirosdi varia grandezza trasportati in canoa dall’isola di Inhassunge sull’altra sponda del fiume, crescono come le mangrovie nell’acqua salmastra dei bracci del delta dello Zambesi. Tra barche, biciclette, cani e bambini, ci sono mucchi di pali e assi di legno tagliati nella foresta: è’ il materiale base per fare la struttura della casa tradizionale mozambicana.

Abel, con consumata competenza, sceglie rapidamente il materiale che viene caricato sul camion da due aiutanti. Attraverso un dedalo di stradine nel popoloso quartiere della bidonville di Quelimane, tra capanne, palme, biciclette, bambini, galline e un variopinto mercato ci dirigiamo verso il luogo dove bisogna riedificare la casa  di Giulietta. Lei ci attende sul limitare di una capanna cadente. E’ quasi in ginocchio appoggiata ad un banchetto, in realtà è la postura consueta delle sue gambe deformate dalla poliomielite. Ha tra i 35 e i 40 anni, viso sereno, oggi reso radioso dalla prospettiva di avere una nuova casa. Niente marito, due figli ormai grandi, uno è un perdigiorno mai presente a casa e con la mente non proprio a posto, l’altro robusto, forse 20 anni, aiuta a scaricare il camion; è regolarmente disoccupato, come tanti che vivono in questo ambiente senza prospettive, né stimoli, dove “arrangiarsi” è il programma di vita per sopravvivere.

Il camion è scaricato in fretta e riparte per il mercato per terminare il carico dei pali di pao ferro, legno ferro, molto resistente, che serve a sostenere gli angoli della casa e la capriata del tetto, poi sarà la volta delle lamiere zincate per il tetto: permetteranno alla casa di essere più riparata dalla pioggia e di resistere più a lungo, altrimenti il tetto di paglia e fronde di palma bisogna rifarlo ogni due anni.

Giulietta resterà tutto il giorno a guardia del prezioso materiale. Lei fa parte di quel gruppo di una decina di donne disabili che trovano sostegno presso la cooperativa “Promuovere l’Uomo”. Ogni giorno si reca alla mensa S. Francesco distante qualche chilometro, fa andare la sua carrozzella girando la manovella a forza di braccia, sormontando ostacoli incredibili lungo le viuzze del bairro (quartiere): buche piene d’acqua, radici di alberi, animali, bambini e poi il caos cittadino sull’altrettanto accidentata strada asfaltata. Alla sede della Mensa San Francesco incontra le sue compagne in carrozzella; condividono le loro storie, socializzano, fanno piccoli lavori di cucito. Alcune di loro hanno bambini piccoli; anche in situazione di handicap la donna mozambicana non rinuncia alla maternità, vede nei figli le potenzialità future, ancora piccoli loro spingono la carrozzella e aiutano la madre a compiere i gesti indispensabili alla vita, come accendere il fuoco, attingere l’acqua. I bambini più piccoli frequentano per tre ore la piccola scuola materna annessa alla Mensa, la Scolinha Santa Clara, dove hanno anche una refezione. Durante il mese delle piogge diventa quasi inaccessibile perché il suolo di tutto il complesso si trova a quasi un metro sotto il livello del mare e l’acqua non defluisce. Con l’aiuto di OASI, la Cooperativa sta’alzando il livello del terreno con tonnellate di terra, il prossimo anno i bambini della scolinha potranno uscire in cortile a giocare. Fra Antonio sta anche costruendo un locale dove i disabili della Mensa potranno intrattenersi più a loro agio, lavorare al riparo della pioggia ed esporre i loro lavori insieme ai manufatti della Scuola di Arti e Mestieri.

Alle 11,30 Giulietta e le compagne pranzano alla Mensa S. Francesco, dove accedono ogni giorno almeno un centinaio dei più poveri della città, anziani, vedove, handicappati, bambini di strada, è l’unico pasto della giornata.

All’indomani del trasporto, amici volenterosi e membri della Cooperativa tireranno su la casa di Giulietta: quattro metri per quattro, fatta di quattro tipi di legno, i muri di pali sistemati a camera d’aria saranno riempiti di pietre e poi ricoperti col fango che si cuocerà al sole, indurendosi. Nella cultura tradizionale, soprattutto nei villaggi, intonacare la casa è compito della donna che, in quanto madre, può impastare la terra che è madre. Giulietta non potrà farlo da sola e accetterà l’aiuto di chiunque, ciò che conta è avere una casa dove essere all’asciutto quando piove.

Come Giulietta, sono molte le persone svantaggiate che, grazie a Fra Antonio, hanno avuto una casa, sette in quest’anno, ma molti sono quelli in lista di attesa. A Nicoadala, 37 km da Quelimane, dove Fra Antonio ha legalizzato alcuni ettari di terra per un progetto di agricoltura, 21 persone, vedove con bambini piccoli, anziani, lebbrosi che si sono stabiliti lì nel tentativo di trarre nutrimento dalla coltivazione della terra, anziché ricevere il pranzo alla Mensa, stanno aspettando di avere una casetta degna di questo nome, le capanne in cui alloggiano sono cadenti. Bastano 300 Euro per una casa in materiale locale, e 2000 € per una casa in mattoni,€ 150 in più se si vuole aggiungere un minimo di arredo: un letto, un tavolo due sedie, (possono essere costruiti nella falegnameria della Scuola di Arti e Mestieri della Cooperativa), un materasso, due coperte, qualche stoviglia. La casa, seppur povera, non è solo il sogno, ma il diritto di tutti!            




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